Figure, La finestra sull'anima

Andando via di fretta dall’amore

La poesia di Beatrice Zerbini che ho illustrato, è la seconda letta da Simona Garbarino questa sera, nel nostro salotto poetico “La finestra sull’anima”.
Ecco il testo:

Andando via di fretta dall’amore
che provavi,
nuda io,
senza le scarpe,
ribaltata, sciocca e illusa,
ho dimenticato
la luce accesa mia,
la finestra senza tende, che adesso
ti guardano dentro
la nudità di non farcela;
il fuoco dei fornelli avvampa e sopra
brucia la pentola svuotata:
intorno senti solo
l’odore dei manici imperfetti,
dei difetti e non quello
delle rose che io
ho abbandonato
a fiorire.
Andando via, di fretta,
dal tuo amore,
ho lasciato
un allagamento di mattini futuri,
un disordine di felicità mancate,
crederti,
un crollo, uno sfascio, due cadute.
Fammi tornare dentro,
almeno per spegnere la luce.

È una lirica struggente, descrittiva nel doppio binario che abbiamo imparato essere la cifra dei testi di Beatrice: quanto ci viene rappresentato esternamente è il correlativo oggettivo (il simbolo concreto) di uno stato d’animo provato. Così – attraverso i vari oggetti, caratterizzati da aggettivi e verbi che rimandano semanticamente al tema di un amore ormai consumato e interrotto –vediamo un addio inevitabile eppure doloroso, una fiducia tradita, un’illusione caduta, il rimpianto di un qualcosa che avrebbe potuto essere e non è stato. La donna che vive la fine di questa relazione è senza più difese, svuotata, spenta, bruciata da un fuoco che avvelena l’aria e le speranze che profumavano d’amore. Gli ultimi due versi mi offrono una suggestione, non so quanto corrispondente alla realtà: vi leggo una supplica, un desiderio di tornare indietro, in quell’amore imperfetto, ma per viverlo senza illusioni, con una nuova, triste, consapevolezza.

andando via di fretta2

Descrizione dell’immagine.
Il disegno rappresenta puntigliosamente tutti gli oggetti elencati nella poesia. Siamo in un ambiente poco curato, i muri affumicati, il pavimento di legno sporco come le piastrelline che arrivano a metà parete, qualche ragnatela. Domina la stanza una cucina a legna, come quelle che ancora si vedono nelle case di una volta, non ristrutturate. Sui fornelli una caffettiera, un pentolino, una pentola sopra una fiamma viva che esce dalla base del fornello. Sopra la cucina una lampada di quelle antiche, con la lampadina a incandescenza accesa. A fianco vediamo un vecchio mobiletto con alcuni oggetti sopra, tra i quali un vasetto con delle rose dai petali aperti. In alto c’è una finestra incorniciata di legno grezzo, i vetri appannati, senza tende. Tra tutto questo c’è un manichino di una donna nuda, le gambe fissate in una posizione che suggerisce il movimento. Ma è ferma, congelata in quel passo d’addio. Accanto al manichino della donna e a ogni oggetto, vi sono le parole relative della lirica a presentarlo e definirlo. I colori della stanza sono spenti, bruniti, affumicati. Dalla finestra con i vetri appannati entra poco chiarore. Le fonti di luce sono la lampadina sopra la cucina, le fiamme del fornello e il corpo della manichina che, incongruamente, sembra emanare ancora la luce dell’illusione d’amore.

 

2 pensieri su “Andando via di fretta dall’amore”

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