Figure, La finestra sull'anima

La mia casa

La poesia di Anna Spissu che ho scelto di illustrare stasera è l’ultima letta da Simona Garbarino nel salotto poetico de “La finestra sull’anima” con tanto trasporto e immedesimazione:

La mia casa

Certi giorni la mia casa è fatta d’aria
per questo la porto con me facilmente.
La casa di una donna è una specie di tempio illuminato
questo è un tipico pensiero maschile
ma ho perso così tante cose nella vita
che so con certezza
di non possedere più nulla.
Potrei essere niente altro che un animale selvatico
e come tale mi basterebbe pochissimo,
un buco in un albero, una tana nella terra
per le volte che ho freddo, che faccio l’amore
o partorisco dei figli.
Quando apro la porta della mia casa
ci sono volte che la vedo volare e svanire
pezzo per pezzo, fogli, tappeti, ninnoli
cose necessarie e cose inutili
tutte per aria, in un mulinello di vento
e nuvole chiare
in quell’ora del mattino
che sveglia gli uccelli e spalanca le rose.
Però quando vieni tu possiedi un fiato magico
o forse sono io che respiro
e l’aria ritorna e il cielo si piega
e allora apparecchio il tempio.

spissu casa

I testi di Anna sono sempre molto descrittivi, visionari, precisi nel restituire dettagli che completano e definiscono l’insieme. Per la mia illustrazione ho operato una scelta: mi sono mossa all’interno della visione femminile, quella privata della presenza maschile e del suo punto di vista. E allora sono andata per sottrazione, come del resto afferma la donna, quando scrive “ma ho perso così tante cose nella vita che so con certezza di non possedere più nulla”.

Descrizione dell’immagine.

Il disegno è essenziale. Poche linee delimitano la prospettiva di una strada centrale color polvere, sul cui fondo parte un vortice di vento che va a confondersi con il cielo nuvoloso. Sono usate tutte le diverse sfumature di grigio, un non colore che rimanda a uno stato d’animo esplicitato dai versi. A lato della strada, un manichino con la base a gabbia di legno (quelli che amo maggiormente rappresentare), apparentemente impassibile, tiene il capo di un filo che si alza nell’aria. Dall’altro capo c’è una casa, leggerissima, che vola proprio in cima al vortice e ne sembrerebbe sopraffatta: perde dei pezzi, ne escono oggetti e fogli. Eppure resiste, perché la donna-manichino la tiene saldamente. È fatta d’aria, la casa, non è difficile tenerne almeno il simulacro. Il resto è andato perduto, forse non era necessario. Forse esiste solo, come quella donna-manichino, se vi è un’altra presenza.
L’unico colore che non richiama il grigio è il colore del legno del manichino e della casa, quasi a identificare l’una nell’altra.
In alto a destra appaiono i primi due versi della poesia:

“Certi giorni la mia casa è fatta d’aria
per questo la porto con me facilmente”.

In basso a sinistra, la parte centrale:

“ci sono volte che la vedo volare e svanire
pezzo per pezzo, fogli, tappeti, ninnoli
cose necessarie e cose inutili
tutte per aria, in un mulinello di vento
e nuvole chiare
in quell’ora del mattino”

Al centro del vortice e del disegno, su un’unica riga che taglia trasversalmente l’immagine, questi versi:

“ma ho perso così tante cose nella vita
che so con certezza
di non possedere più nulla”.

Sulla linea dell’orizzonte, il titolo della poesia e il nome dell’autrice

La mia casa
Anna Spissu

#Aglaja

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