Anche oggi ho avuto modo di leggere in anticipo le tre poesie di Anna Spissu che Simona Garbarino ci ha proposto stasera nel salotto poetico “La finestra sull’anima”, ma soltanto poco fa, ascoltando l’interpretazione profonda di Simona, ho avuto quella scintilla che mi era mancata nel pomeriggio e ho completato il disegno. La mia scelta è caduta su “Esisteva una terra”, per la forza evocativa di un Eden vissuto e perduto.
La bellezza, scrive Anna, si incontra di rado e non è destinata a durare, ma alcuni hanno ricevuto l’immenso privilegio di poterne godere, magari per un breve istante, ma quell’istante è eterno, ti colma di grazia amplificata dalla consapevolezza che tu sei stata lì, e sei stata felice, e questo nessuno te lo potrà mai togliere.
Ecco il testo:
ESISTEVA UNA TERRA
di Anna Spissu
Esisteva una terra che non conosceva nessuno
per questo aveva porte d’oro
e ci abitavano ogni sapienza
e animali grandissimi
che mangiavano solo le foglie degli alberi
senza che mai, neppure una volta,
scorresse una goccia di sangue
o ci fosse un nemico,
qualcosa di funesto da riportare sui giornali.
Adesso che scrivo su questi fogli
dirai che la perfezione
è come la bellezza, si incontra di rado
e non è destinata a durare,
ma io c’ero e ho visto con i miei occhi
l’ombra veloce delle navi all’orizzonte,
le unghie ritratte dei predatori
e pesci volanti sfrecciare sopra la testa
oltre le nuvole di ogni bufera
e uomini e donne arrivare abbracciati
nell’alba senza spavento.
Io c’ero, te lo assicuro.
Non fosse per il pudore
potrei mostrarmi nuda
e vedresti che ho il corpo
tatuato dai sogni.
Descrizione dell’immagine.
È proprio l’Eden quello che ho rappresentato, un Eden che si sta risvegliando nell’alba. I colori sono smorzati, la luce fredda è quella della luna che, pur impallidita, rimane ancora nelle prime luci del mattino. È proprio levando gli occhi al cielo, attraversato da nubi appena rosate, che cominciamo ad accorgerci della magia di quel luogo incantato: la faccia luminosa della luna è attraversata da un veliero lontanissimo, che solca la volta celeste, mentre pesci esotici muovono veloci le loro pinne ed elegantemente volano tra le nuvole. In basso scorgiamo il profilo di monti e colline in controluce, così come gli alberi, il più alto dei quali è al centro della scena, ma in secondo piano. In primo piano c’è il tronco di un grande albero caduto e prosciugato dal tempo: vi trova riposo una pantera che ancora è abbandonata al sonno e il cui manto nero è reso lucente dal chiarore dell’alba e della luna. Accanto a lei, un uomo tiene tra le sue braccia, sollevata da terra, una donna che affonda la testa nell’incavo della spalla del suo compagno, totalmente affidata a lui. La luce chiara e ormai diffusa disegna i loro corpi nudi e indifesi. Il corpo della donna è cesellato dal disegno di fiori bianchi e tenere foglioline verdi. I sogni di questo istante infinito di bellezza perfetta hanno tatuato la sua pelle tenera. Nessun pericolo per loro. Nessun timore. Questa è la pace, la meraviglia. Questo era l’amore.
Le parole della poesia di Anna Spissu, scritte nel cielo, accanto alla luna, sono le seguenti:
“ma io c’ero e ho visto con i miei occhi
l’ombra veloce delle navi all’orizzonte,
le unghie ritratte dei predatori
e pesci volanti sfrecciare sopra la testa
oltre le nuvole di ogni bufera
e uomini e donne arrivare abbracciati
nell’alba senza spavento”.
Sopra l’uomo e la donna abbracciati è riportata la conclusione della poesia, e la sua chiave:
“ho il corpo tatuato di sogni”.