Figure, La finestra sull'anima

Prima luce -1

Stasera ultimo incontro con la poesia di Derek Walcott nel nostro salotto “La finestra sull’anima”. Tra le poesie lette da Simona Garbarino ho scelto l’ultima, da “Prima luce”, 1.

Illustrare Walcott è quasi didascalico, tanto il poeta è minuzioso nella descrizione degli ambienti esterni, che lo spingono ad affacciarsi sulla propria interiorità. Peraltro, in questa occasione, sono stata facilitata dal fatto di aver vissuto molte lunghe estati in Bretagna, una terra dal fascino intrigante e ipnotico quanto le sue maree. Quindi l’acquerello che apparirà nell’illustrazione è figlio sia dello sguardo di Walcott che del mio.
Ma ecco il testo:

Da “Prima luce”, 1
di Derek Walcott

Non riesco a ricordare il nome di quella città costiera
ma tremava di folla estiva, bandiere, e la fiera
con caffè gremiti e molto francesi, decisamente arguti,
come forse tutta l’Europa seduta all’aria aperta
pennellata a chiazze dal sole come Monet quell’estate
con la spiaggia ampia e grigia, ah sì! È vicina
a Dinard, una città coi trattini, mi pare in Normandia
o in Bretagna, e la marea si ritirava e la sabbia striata
era immensa. Stavo abitando una cartolina.
L’aria era fredda, ma ho fatto un buon acquerello,
e sta lì appeso al muro. E anche se è datato,
il tempo scorre sulla sua superficie ma nulla ne muta
il movimento, la bassa marea senza nubi, le figurine
in lontananza, l’uomo che porta a spasso il suo cane.
Tinte e pennellate hanno eluso il tempo. Eppure, ti estrania.
Ormai, così tante morti, niente meno di un massacro
da parte della falce selvaggia che cieca abbatte amici, fiori, erba,
mentre la città costiera delle tombe espande i suoi cari
e l’unica arte rimasta è la preparazione della grazia.
Quindi, per il mio Hic iacet, il mio epitaffio: “Qui giace
D.W. Questo è un bel posto per morire”. E lo era davvero.

bretagna

Descrizione dell’immagine.
Il muro di cemento, dai colori spenti (dal tortora più chiaro al sabbia più scuro), suggerisce una stanza spoglia, minimale. Un uomo di spalle è seduto su una sedia tipo ufficio, con i braccioli. Indossa una giacca stazzonata, di una tonalità simile a quella della stanza. Sta guardando la parete di fronte a sé, dove è appeso un quadro, un acquerello. Qui ci sono colori più caldi: è raffigurata una di quelle spiagge infinite della Bretagna, striata dall’acqua della marea che si sta ritirando. Il mare sottile luccica del sole che vince il grigio delle lunghe nuvole – illuminate ora di giallo pallido – che corrono tra sprazzi di azzurro più intenso. Una larga chiazza di luce è anche sulla sabbia, in cui si trovano, appena accennate, figurine di persone che passeggiano lungo la spiaggia o verso il mare (qui si intravedono le vele dei windsurf). Nel quadro, in primo piano, si distingue meglio una figurina: è un uomo che sembra giocare (forse sta per lanciare un pezzo di legno lasciato dalla marea) con il suo cane, felice e saltellante. Tutta la vita è nell’acquerello, in quel momento fermato nel tempo e nello spazio. Tutta la vita di chi ha attraversato quell’istante e si è impresso – per sempre vivente – prima negli occhi e poi sulla tela di chi lo osservava. Di chi ancora sta osservando, estraniato, quasi incredulo di essere stato artefice di questo inganno temporale, e di essere stato, a sua volta, vivo in quella bellezza.

In alto, sopra la cornice, è scritto:

“Stavo abitando una cartolina. L’aria era fredda, ma ho fatto un buon acquerello, e sta lì appeso al muro”.

Tutto intorno al quadro, altri versi della poesia:

“mi pare in Normandia
o in Bretagna,
e la marea
si ritirava
e la sabbia striata
era immensa”

“E anche se è datato,
il tempo scorre
sulla sua superficie
ma nulla ne muta
il movimento,
la bassa marea
senza nubi,
le figurine
in lontananza,
l’uomo che porta
a spasso il suo cane”

“Tinte e pennellate
hanno eluso il tempo.
Eppure, ti estrania”

“Quindi, per il mio Hic iacet, il mio epitaffio: “Qui giace
D.W. Questo è un bel posto per morire”.

Sullo schienale della sedia dove è seduto l’uomo è scritto:

“E lo era davvero”.
Derek Walcott

Sì, Derek, ora posso dirlo: tanti anni fa, quando la vita con me sembrava finalmente benevola e mi invitava a berla a lunghe sorsate, io esclamai, come te, che la Bretagna era il posto dove avrei voluto morire (e quanto mi presero in giro per questo…). Curiosamente, non ho neppure un disegno di quel periodo. Non disegnavo né scrivevo più. Vivevo, piena di grazia e di speranza. Per questo, credo, volessi aspettare la morte in quel luogo tanto amato: l’avrei accolta nella bellezza.

Allora.
#Aglaja

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