Nell'ultimo numero della rivista GENTE DI FOTOGRAFIA (n°77), sono usciti due miei articoli, uno che presenta MIA FAIR, la più importante fiera italiana dedicata a fotografia e visual d’autore, e uno che recensisce lo splendido fotolibro di Lorenzo Zoppolato, Le immagini di Morel. Condivido qui il testo di quest'ultimo. Buona lettura.
Le immagini di Morel di Lorenzo Zoppolato
“Le immagini mi spaventano, ma mi proteggono […] A chi servirà? A noi stessi, forse torneremo a vedere gli anni felici. Credevamo che la felicità di quegli anni potesse durare per sempre, invece tutto sta per finire. Tutto quello che è intorno è cambiato.”
Adolfo Bioy Casares L’invenzione di Morel
Lorenzo Zoppolato, trentunenne fotografo di Udine, nonostante la giovane età ha già avuto modo di farsi conoscere e apprezzare, ottenendo negli ultimi anni importanti riconoscimenti, tra cui il primo premio ai concorsi ’International Black&White Photographer of the Year nella “Emerging Talent category” (2015), “Portfolio Italia Fiaf” (2018), “International Month of Photojournalism” (2019), Italian Street PhotoFestival nella categoria “Storytelling Award (2020).
Il progetto su cui si basa il racconto fotografico presentato nel suo libro Le immagini di Morel, come comprendiamo già dal titolo, è liberamente ispirato allo straordinario testo di Adolfo Bioy Casares L’invenzione di Morel, e tuttavia non ne è la trasposizione letterale, bensì il tentativo – a mio avviso riuscito – di distillarne il senso. Mi permetterete, dunque, una digressione letteraria, necessaria per entrare meglio in tale progetto, che ha vinto il Premio Portfolio “Werther Colonna” SI FEST 2020.
L’invenzione di Morel è uno dei migliori esempi del Realismo magico, corrente letteraria del novecento, che ha caratterizzato in particolare gli autori latinoamericani e il mondo da essi narrato, in cui il surreale è parte integrante del reale, perché il mistero e l’inconcepibile sono paradossalmente la chiave per comprendere la vita e ciò che va oltre essa. In un certo modo, quasi un ritorno al mito classico, anche dove, come nel libro di Bioy Casares, si sfiora la fantascienza, ma sarebbe assurdo porre etichette di genere a un testo che Borges – forse lo scrittore più rappresentativo del realismo magico – non esitò a definire “perfetto”. Nel mondo del Realismo magico, il sovrannaturale è naturalissimo, e l’invenzione fantastica è il ritorno al mito, come scrivevo poc’anzi, anche quando quest’ultimo diventa scienza visionaria e preveggente, à la mode di Jules Verne, per intenderci. Un mondo in cui i personaggi danzano su un filo narrativo ed esistenziale atemporale, dove il presente si ripete ed è sia un passato non superato che un futuro in continuo divenire: insomma, piani temporali in incessante e fluida sovrapposizione.
Ispirato all’Isola del dottor Moreau (si badi alla somiglianza tra i cognomi dei protagonisti, Moreau/Morel) di H.G. Wells, ma anche ai racconti di E.A. Poe, L’invenzione di Morel è la storia allucinante e allucinata di un perseguitato politico che, per sfuggire alla prigione, giunge su un’isola creduta deserta, dove ben presto, però, scopre di non essere solo. Tra la paura di essere scoperto e il contraddittorio desiderio, sempre più forte, di esserlo, per l’amore (impossibile?) che prova verso una degli ospiti dell’isola, il protagonista si ritrova sospeso tra reale e irreale, confuso e affascinato dal mistero che avvolge quelle persone così strane, che sembrano non poterlo vedere e che ripetono gli stessi gesti. La soluzione di tale mistero, dopo molte ipotesi fallimentari, è nascosta in una macchina, l’invenzione del mefistofelico Morel, che ha filmato (immagini in movimento…) e riprodotto all’infinito alcuni giorni di vita sull’isola di quelle persone, morte ormai da anni, tramutando la loro esistenza reale in una virtuale, in immagini tanto più vere quanto meno lo sono diventati i loro corpi. Nel tentativo di vedere realizzato l’amore che prova verso la ragazza, il protagonista usa la macchina di Morel, disgregando così il suo corpo: un novello Orfeo alla ricerca – forse vana – della sua Euridice.
Come ho premesso, mi sono soffermata sul Realismo magico e sul libro di Bioy Casares, perché è essenziale per comprendere il racconto fotografico di Lorenzo Zoppolato, la cui trama non è strutturata in maniera lineare, ma permette al lettore di poter giocare con le immagini di questo libro e capirne i vari significati incrociati.
Le immagini di Morel è la testimonianza di un viaggio in Patagonia del fotografo, nato proprio dalla volontà di ricercare il mondo del Realismo magico a lui così caro. Ma proprio per questo, quando si è trattato di fotografare soggetti e ambienti di quella terra tutta da scoprire, a Zoppolato è sembrato assurdo limitarsi a fermare l’istante dello scatto fotografico in un eterno presente, come quello degli abitanti dell’isola di Bioy Casares, fermati per sempre in un punto preciso della loro vita: era invece necessario mostrarne l’evoluzione immaginaria, realizzando una sorta di futuro distopico. Come fare? La costruzione fisica del libro, che, aperto, ci appare costituito da due fascicoli, uno a destra e uno a sinistra, separati da una parte centrale con l’introduzione di Ferdinando Scianna, ci aiuta a comprendere: il fascicolo di sinistra – che si apre con la foto di una vecchia porta abbandonata nel nulla, il varco per un viaggio di immaginaria suggestione – presenta le foto che hanno catturato l’istante presente dei soggetti ritratti, mentre il fascicolo di destra mostra quelle del loro ipotetico futuro, costituito da altre visioni possibili, distopiche, legate alle prime (come in un riflesso speculare) da relazioni misteriose eppure plausibili, ricordandoci la struttura innovativa e rivoluzionaria di un altro grande romanzo sudamericano, quella Rayuela di Cortazar, in cui le linee narrative si intersecano, si formano e si disfano, in un intricato labirinto con più uscite.
Nelle foto di Zoppolato, il cui bianco e nero conferisce ai soggetti ora plastica drammaticità, ora attonita alienazione, il presente diviene così il passato di un futuro che può trovarsi anche a migliaia di chilometri di distanza, a testimonianza di uno smarrimento fisico ed emotivo. Si crea così una storia che non è reale, ma non per questo è meno vera, come più vero, talvolta, ci appare il sogno che trasmuta la vita, o l’incubo preveggente che dà corpo alle nostre paure.



