Figure, Parole

Abbracci

Genova, 16/06/2020

Oggi sono andata alla Coop a fare spesona (da domani full immersion nella maturità, quindi poco tempo per gli acquisti…). Parcheggio sulla terrazza all’aperto, caffè, coda, febbre (no), mascherina (sì), scaffali, carrello, cassa, parcheggio. Scarico, carico, ripongo carrello, mi siedo al posto di guida e… non parto. Mi fermo ad osservare, forse a spiare – sì, certo, a spiare – una scena che attira la mia attenzione. Nell’angolo estremo della terrazza, dove c’è un altro punto di deposito carrelli, incastrati tra questi e le macchine parcheggiate, un uomo e una donna. Avvinti. Si abbracciano, si stringono, nascondono i visi nell’incavo tra il collo e la spalla l’un dell’altra, si stringono, tacciono, si stringono, gli occhi chiusi, si stringono. Passano lunghi minuti. Stretti ancora, la donna comincia a parlare (non sento nulla, sono in macchina, finestrini chiusi), gli occhi sempre chiusi. Parla, parla, parla, il viso sofferente. L’uomo non dice nulla, la stringe ancora più forte, e la stretta è anche carezza, consolazione, rifugio, ristoro. Poi lui si abbassa e le sfiora il seno con un bacio, per poi tornare ad affondare il capo sulla spalla di lei. Si stringono, si stringono, si stringono, l’un per l’altra zattera e salvezza. Poi un cane, prima nascosto dalla macchina, comincia a dar segni di insofferenza, si allontana dai due, girella sul piazzale, tra le auto. Allora la donna e l’uomo escono dal loro angolo d’amore e seguono il cane, si staccano, ma è come se la stretta proseguisse nel loro sguardo. Dallo specchietto retrovisore li guardo entrare nell’ascensore che porta al market. Mentre la porta si chiude, li vedo di nuovo abbracciati nella loro dolorosa felicità. Rimango ancora stupidamente a fissare l’ascensore chiuso. Poi metto in moto e imbocco la strada di casa ma, come vedete, sono rimasta ancora là.

17/06/2020

Addendum – Se fossero state semplici effusioni d’amore, non mi sarei fermata ad osservarle. Io qui ho visto qualcosa di diverso, che aveva a che fare con la disperazione. Mi spiego meglio: tra loro non vi era una passione erotica, sbrigativamente consumata in un parcheggio. C’era un aggrapparsi reciproco per continuare a vivere. È questo che mi ha colpito.

hug

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